
Maltrattamenti e violazione di domicilio, tre anni per un 44enne di Colico
La sentenza dopo anni di vessazioni subite dalla vittima, costretta a continue richieste di denaro e a sopportare atteggiamenti molesti in casa da parte dell’ex compagno, che era solito diventare molto aggressivo quando gli mancava il denaro per acquistare gli stupefacenti
Colico
Ha chiesto scusa alla compagna, ammettendo di essere caduto nella spirale della tossicodipendenza, che gli faceva perdere completamente il controllo. Ultime spontanee dichiarazioni rese oggi davanti al giudice da un 44enne di Colico, prima delle conclusioni del processo e della pronuncia della sentenza che lo ha condannato a tre anni e un mese di reclusione per i reati di maltrattamenti e violazione di domicilio, ma che lo ha assolto dall’accusa di violenza privata, come chiesto anche dalla pubblica accusa, rappresentata dal pubblico ministero Chiara Stoppioni, davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Salvatore.
Il pm, nel corso della requisitoria, ha ripercorso gli anni di vessazioni subite dalla vittima, costretta a continue richieste di denaro, e a sopportare atteggiamenti molesti in casa da parte dell’ex compagno (dal quale ha avuto una figlia pochi anni fa), che era solito diventare molto aggressivo negli atteggiamenti, quando gli mancava il denaro per acquistare gli stupefacenti.
I fatti si concentrano nel periodo compreso tra il 2023 e lo scorso anno. Le richieste di denaro sono state confermate anche dai testi nel corso di tutta l’istruttoria dibattimentale. Lasciata l’abitazione il 17 luglio 2024, dopo l’ennesima accesa discussione con la donna, che aveva fatto accorrere sul posto carabinieri e polizia locale, l’imputato, arrivato in aula scortato dalla polizia penitenziaria, sarebbe ritornato nella casa la mattina successiva, forzando una finestra, anche se l’accusa di violazione di domicilio non è stata ritenuta sussistente.
A causa delle intemperanze e degli sfoghi turbolenti del 44enne, che non avrebbe mai comunque commesso violenze fisiche sulle due, moglie e figlia come emerso nel processo, erano state costrette a lasciare casa, e a trovare rifugio da un’amica, che le ha ospitate per cercare di restituire alle due un po’ di tranquillità domestica.
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