«L’omicidio di Darga non fu intenzionale»

Fissato per il 19 febbraio l’inizio del processo di secondo grado, dopo la condanna a 19 anni. Haruna Guebre aveva accoltellato la vittima nell’agosto del 2023, al termine di una lite nata per una sigaretta

Calolziocorte

Fu omicidio volontario, anche se influenzato da un’incapacità parziale di intendere e volere, oppure un atto violento andato oltre le intenzioni? Il nodo del processo ad Haruna Guebre, 25enne originario del Burkina Faso, ma cresciuto sulle sponde del lago, torna d’attualità a febbraio, con la prima udienza davanti ai giudici della Corte d’assise di’Appello di Milano il 19 febbraio, dopo la condanna a 19 anni stabilita dalla Corte d’assise di Como ai primi di luglio 2024. Verdetto impugnato dalla difesa del giovane, rappresentata dagli avvocati Marilena e Ilaria Guglielmana, che nell’atto di appello insistono per la riqualificazione del reato da omicidio volontario a preterintenzionale, e non dalla Procura.

La pubblica accusa, in relazione l’uccisione a coltellate del 23enne Malcom Mazou Darga (cresciuto a Airuno ma nato, come l’imputato, in Burkina Faso), avvenuta alla stazione di Calolziocorte nell’agosto del 2023, aveva chiesto la condanna a 26 anni per il reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, ma con l’attenuante del vizio parziale di mente, dovuta a un disturbo della personalità. Un elemento, quest’ultimo, che aveva di fatto impedito la richiesta di ergastolo. A seguito di consulenza tecnica disposta dal tribunale su richiesta degli avvocati difensori, tuttavia, era emersa una condizione di seminfermità al momento della commissione del delitto, che aveva pesato sul verdetto finale a 19 anni, assieme al riconoscimento delle attenuanti generiche.

Pronuncia che era arrivata a meno di un anno dal fatto di sangue, avvenuto il 29 agosto 2023 sui binari della stazione di Calolzio. Avvalendosi anche del racconto di alcuni testimoni oculari, gli inquirenti avevano ricostruito in breve tempo la vicenda, nata da un litigio scatenato sulla base di futili motivi: la richiesta di una sigaretta da parte della vittima, negata da Guebre. Da questo banale episodio era nato un duro scontro verbale, culminato in due colpi vibrati con un coltello “opinel”. Per la Procura di Lecco, il dolo era assolutamente provato dalla dinamica dei colpi inferti contro organi vitali e la tesi della volontarietà è passata. «Non volevo uccidere Darga. Lui mi ha provocato parlando male di mia mamma che non vedo da dodici anni ed è malata. Sono molto pentito, ogni giorno in carcere penso a lui e alla sua famiglia. Spero un giorno possano perdonarmi, io non ci riesco», aveva dichiarato invece il ragazzo in udienza. Anche per la difesa, l’intenzione non era quella di uccidere: «Voleva ferire, dare una lezione, ma non certo uccidere, tanto che sia Guebre che il testimone si sono allontanati tranquillamente senza rendersi conto della gravità delle conseguenze di quanto accaduto», era stata la linea sostenuta in aula.

Nell’atto di impugnazione, i legali reiterano la richiesta di riconoscimento dell’attenuante della provocazione e la derubricazione del reato in omicidio preterintenzionale, nonché l’applicazione in questo senso del minimo della pena vista l’incensuratezza dell’imputato. Ma la difesa, in vista dell’appello, non si sbilancia ancora sulla linea da adottare, nell’alternativa fra il concordato in appello o entrare nel merito del processo: «Possiamo dire che il ragazzo sta maturando un pentimento sincero pentimento. Stiamo valutando con lui eventuali strategie da adottare», commentano gli avvocati.

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