Oltre 1.500 firme in una sera per salvare il rifugio Enpa di Busteggia

Monta la protesta a poche ore dalla sentenza del Tribunale di Sondrio che impone la riduzione dei box destinati agli animali

Sondrio

Una battaglia legale e popolare, «per difendere non solo un rifugio per animali, ma un presidio sociale che da oltre quarant’anni rappresenta un punto di riferimento per l’intera comunità». È questo lo spirito con cui la presidente di Enpa Sondrio, Sara Plozza, ha lanciato una petizione online lunedì sera, a poche ore dal deposito al Tribunale di Sondrio del reclamo ufficiale contro la sentenza che impone alla Struttura zoofila di Busteggia la riduzione dei box attivi da 16 a 5.

La raccolta firme - attiva sulla piattaforma Change.org al link https://chng.it/fshtzXh8fc - ha superato, dopo neanche 12 ore dal lancio, 1.500 adesioni e non sembra arrestarsi. Segno di una mobilitazione che va oltre il mondo del volontariato animalista. “I nostri cani non meritano questa ingiustizia”, è il titolo della petizione, che punta a sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni su una vicenda che, secondo Enpa, «non ha fondamento né sul piano tecnico né su quello del buon senso».

La vicenda nasce da un esposto presentato da una residente, confinante con il rifugio, che ha denunciato il presunto disturbo acustico causato dall’abbaiare dei cani. Una controversia che va avanti da oltre tre anni e che ha portato, il 5 agosto scorso, alla sentenza con la riduzione dei box attivi, pena una multa giornaliera di 50 euro da versare alla vicina.

Eppure, «i rilievi fonometrici effettuati da tecnici incaricati hanno documentato livelli di rumore ampiamente sotto la soglia di legge: una media di 46 decibel, equivalente a una conversazione domestica», spiega Plozza. Nonostante questi dati, «il giudice ha accolto la richiesta della parte civile, imponendo un taglio che metterebbe in crisi l’intera struttura».

Il rifugio Enpa di Busteggia, attivo dal 1979, si trova a 65 metri dall’abitazione della querelante, che si è trasferita nella zona nel 1994. Un dato che, secondo l’associazione, rende la sentenza ancora più difficile da accettare: «È paradossale che un privato possa detenere legalmente fino a nove cani in casa, mentre a noi, ente autorizzato e pubblico, si impongano limiti più severi».

Oltre ad accogliere animali salvati da abbandoni e maltrattamenti, il rifugio ha un ruolo anche sul piano sociale ed educativo: ogni anno ospita scuole, centri estivi, progetti per persone con autismo, Rsa e percorsi di reinserimento sociale. «Non è solo un canile - rimarca la presidente - è un luogo dove si costruisce comunità», gestito esclusivamente da volontari.

L’associazione ha già adottato misure di contenimento del rumore: ha ridotto temporaneamente i box attivi a 11 e ha avviato l’iter per la realizzazione di una barriera fonoassorbente, in attesa delle necessarie autorizzazioni edilizie e paesaggistiche. «Siamo pronti a fare la nostra parte - assicura Plozza -, ma non possiamo accettare un provvedimento che mette a rischio gli animali e vanifica il nostro lavoro».

«Non riguarda solo noi – si conclude nella petizione - ma tutta la comunità, perché un rifugio che chiude o viene limitato è una ferita per il territorio: significa meno tutela, meno sensibilizzazione, meno umanità». La richiesta al Tribunale è quella di rivedere la decisione, tenendo conto non solo dei dati tecnici, ma anche della funzione sociale svolta dalla struttura. E intanto, la mobilitazione cresce, perché «la domanda, semplice e diretta, resta sospesa: vogliamo davvero vivere in un territorio che penalizza chi si prende cura degli animali e delle persone più fragili?», si conclude la petizione. La risposta di Enpa e dei cittadini che hanno già firmato è altrettanto chiara: no.

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