Santa Maria Hoè, evasione col “panino olandese”: condanna e confisca da 5 milioni

Secondo l’accusa simulavano una sede legale nei Paesi Bassi per evitare l’Iva in Italia: condannati in primo grado gli amministratori della Giovenzana International B.V., Massimo Giovenzana e Paolo Cavallini

Santa Maria Hoè

Il “panino olandese” è costato caro: un anno e 11 mesi di condanna, e la confisca di beni per 5 milioni. La sentenza di primo grado del giudice Angelo Parisi, comunque, ridimensiona le richieste del magistrato della procura europea Gaetano Ruta, che per i due imputati, Massimo Giovenzana e Paolo Cavallini, amministratori della “Giovenzana international B.V.” di Santa Maria Hoè, azienda fondata nel 1952, attiva nel commercio di prodotti elettrici, aveva chiesto 4 anni e la confisca di oltre nove milioni.

L’accusa nasce da un’indagine della Guardia di Finanza per un’evasione fiscale milionaria, attuata mediante il cosiddetto meccanismo del ‘Dutch Sandwich’, in base al quale un’azienda con il giro d’affari in Italia sposta la sua sede legale nei Paesi Passi, portando i profitti sotto un regime fiscale favorevole. Secondo le accuse, che a gennaio 2023 avevano fatto scattare il blitz delle Fiamme Gialle, sotto il coordinamento della procura europea, gli imputati avrebbero evaso dieci milioni di euro ponendo la sede fittizia di una delle proprie società ad Amsterdam. In virtù di questa contestazione era scattato all’epoca il “congelamento” di beni fino a un valore superiore ai dieci milioni di euro, di cui era stata chiesta la confisca complessiva.

L’indagine era iniziata nel 2019, a seguito di una verifica fiscale nei confronti della società della Brianza lecchese, attiva appunto nel settore dei componenti elettrici per l’automazione. Secondo gli investigatori, la società avrebbe abusato di una sede estera fittizia, posta in Olanda, per commercializzare i propri prodotti all’interno del territorio italiano, fingendo in questo modo, fraudolentemente, che la merce fosse destinata ad altri stati membri dell’Unione Europea e, quindi, esente da Iva. L’indagine avrebbe dimostrato che la sede reale della società - cioè la cosiddetta ’sede di direzione effettiva’ si trovava in provincia di Lecco e non nei Paesi Bassi. La società era sospettata di utilizzare un meccanismo di evasione fiscale internazionale. Inoltre era finito sotto inchiesta il sistema societario, composto da una holding registrata nelle Antille olandesi, quindi in un regime fiscale preferenziale, e da un’altra società anch’essa apparentemente con sede in Olanda. Un tipico caso di “esterovestizione”, è stato detto nel corso del processo davanti al giudice Parisi, il cui verdetto potrà ora essere impugnato.

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